Danno oggi la notizia i giornali, della morte a 83 anni di Max Roach. Max Roach era un batterista jazz che ha accompagnato moltissimi grandi musicisti e ha diretto vari gruppi. Dal be-bop all’hard-bop, passando per il cool jazz, era in qualche modo “il batterista” in quel lungo arco di anni. Cosa lo faceva così ricercato e acclamato?
Penso che non era solo per la perfezione nell’accompagnamento e nella vivacità del suo tessuto ritmico, ma perché al virtuosismo legava una certa raffinatezza. Spesso i batteristi tendono ad essere un po’ eccessivi e “pesanti” per farsi apprezzare, Max Roach restava elegante, faceva della batteria uno strumento espressivo al pari degli altri. E per questo ha fatto scuola.
Ricordo, quando lo vidi dal vivo a Roma, anche la sua allegria nel suonare. Era con un suo gruppo, un quintetto, e gli organizzatori sembrava non sapessero chi avevano invitato. Infatti visti i tanti che si erano prenotati, avevano spostato il concerto -un giorno prima- in un ex-cinema di periferia. Piuttosto grande ma squallido, l’ex-cinema, con il palco un po’ in penombra, si era riempito del tutto e faceva molto caldo. Ma l’entusiasmo del pubblico e di Max Roach non era intaccato e l’allegria che comunicavano contagiosa. Ricordo anche un assolo fatto solamente con il rullante, un pezzo da virtuoso, ma svolto sempre con eleganza.
Arrivederci Max. Sì, non dico addio, ma arrivederci. Come cristiano credo nel Regno di Dio, e penso che, anche se nessuno lo può descrivere, quando saremo in quel luogo meraviglioso avremo l’opportunità gioiosa di incontrarci e di andare a sentire i grandi musicisti, anche in formazioni inedite. E magari potrò anch’io suonare un blues in un gruppo con Max Roach alla batteria rendendo gloria a Dio.